I principi di difesa individuale: il lato forte e il lato debole del difensore

Bergomi, Mandorlini, Collovati, Ferri. Oppure Gentile, Cabrini, Brio, Scirea. Questi non sono solo i nomi di campionissimi che hanno fatto la storia del calcio, ma rappresentano un particolare concetto di difesa e di disposizione difensiva:

uno / due uomini in marcatura stretta e il libero in copertura.

Questa disposizione in campo e questi calciatori hanno caratterizzato l’epoca della marcatura a uomo.

Poi, ha preso il sopravvento la marcatura a zona ovvero tre/ quattro / cinque difensori distribuiti sull’ampiezza del campo in orizzontale con particolari compiti ed ognuno a presidiare la propria zona di competenza.

Questo passaggio ha portato ad una esasperazione dell’attenzione sulla difesa collettiva o di reparto, difensivo nella fattispecie.

Tutto questo ha determinato il fatto che in molti settori giovanili si curi molto la difesa collettiva, dedicando poco tempo alla difesa individuale. Accade, infatti, che spesso ci si dimentica che sono proprio i principi di difesa individuali a rappresentare la base per una buona difesa collettiva.

Ad esempio, insegnare fin da piccoli nella fase della coordinazione i concetti di lato forte e lato debole del difensore è importante per non farsi sorprendere dagli attaccanti in fase di non possesso. Non a caso i bravi attaccanti, cercano sempre di saltare il loro avversario sul lato debole ovvero il piede di avanti. Il difensore in questo caso sarebbe costretto a girarsi di spalle dall’altro lato perdendo di vista l’attaccante mettendo in difficoltà l’intero reparto difensivo che sarebbe costretto a modificare il proprio assetto per rincorrere l’attaccante sfuggito al compagno di reparto.

Questo è un classico esempio di come i principi di difesa individuali abbinati alla tecnica individuale possano influenzare la difesa collettiva.

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